Nella gestione del diabete tipo 1 i quattro obiettivi principali sono: controllare la glicemia, evitare le ipoglicemie, ridurre morbilità e mortalità, e massimizzare la soddisfazione per il trattamento (indici di outcome riferiti dal paziente). Stando ai registri per il diabete tipo 1, nella popolazione pediatrica e adolescenziale i livelli medi di HbA1c sono massimi tra i 13 e i 25 anni (8,7%), con un peggioramento progressivo del compenso glicemico dagli 8 ai 18 anni (per entrambi i sessi).1,2 Negli ultimi 10 anni si è registrata una graduale riduzione del numero di episodi ipoglicemici, e la diminuzione dell’HbA1c non risulta più correlata a un incremento del rischio di ipoglicemie severe. Secondo un vasto studio nordico, che ha valutato l’incidenza di eventi ipoglicemici gravi in 4 nazioni con pari accesso all’assistenza sanitaria, all’analisi multivariata non era osservabile alcuna differenza significativa nel rischio di ipoglicemie tra i gruppi di HbA1c, dopo aggiustamento per sesso, età e durata del diabete; è stata addirittura osservata una tendenza verso un minor rischio di ipoglicemie severe nei soggetti con i valori inferiori di HbA1c.3,4 Nel confronto tra somministrazione con microinfusore vs. iniezioni multiple quotidiane (multiple daily injections, MDI), gli studi osservazionali hanno evidenziato livelli stabilmente più bassi di HbA1c tra chi utilizzava il microinfusore.2,5
Chetoacidosi diabetica (diabetic ketoacidosis, DKA) e ipoglicemie severe sono complicanze a breve termine del diabete tipo 1 e vanno tenute in considerazione sia per i soggetti che utilizzano il microinfusore sia per quelli trattati con MDI. In precedenti studi randomizzati e controllati, la DKA era risultata meno frequente tra i soggetti con microinfusore rispetto a quelli trattati con MDI, ma questi studi non erano stati progettati per valutare tali outcome, ed esiste inoltre un’importante variabilità tra i registri.6 Analogamente, nell’analisi dei registri di malattia, si è osservata una riduzione generale delle ipoglicemie severe associata all’utilizzo di microinfusori.3
Bambini e giovani con diabete tipo 1 vanno incontro, nel tempo, a complicanze a lungo termine: il 13% dei bambini mostra già segni di neuropatia periferica, con un tasso che cresce ogni anno.7 Questo può portare a ulteriori complicanze nel corso della vita, quali le amputazioni degli arti inferiori.7 In uno studio che ha posto a confronto i tassi di complicanze microvascolari negli adolescenti con diabete tipo 1 trattati con microinfusore vs. MDI, gli odd ratio sono risultati costantemente a favore dell’uso dei microinfusori per retinopatia, albuminuria e anomalie del sistema nervoso periferico/autonomo.8
Dal Registro Nazionale Svedese del Diabete risulta che, confrontando 244 utilizzatori di microinfusore con 15.727 soggetti trattati con MDI, la mortalità per tutte le cause è inferiore tra i primi con un HR aggiustato di 0,73 (da 0,58 a 0,92), così come le cardiopatie e le patologie cardiovascolari:9
Analogamente ad altre revisioni simili dei database, sono presenti limitazioni dovute alla mancanza di dati sulla durata d’uso dei microinfusori, a dati incompleti sulle ipoglicemie (sono stati utilizzati solo i codici diagnostici ICD-10 delle dimissioni ospedaliere), sulla frequenza dei test e su altri fattori che potrebbero aver influenzato lo studio.
È difficile valutare i risultati sulla qualità di vita perché gli studi interessati presentano diversi limiti: in molti casi sono stati forniti risultati misti, le dimensioni del campione erano ridotte, la metodologia utilizzata era carente e le valutazioni sulla qualità di vita discordanti. 10,11 Fatte queste premesse, tra i risultati confermati sono state osservate una maggiore soddisfazione per il trattamento e una maggiore autoefficacia nella gestione del diabete tra i soggetti trattati con microinfusore. In particolare, gli adolescenti che utilizzavano microinfusori erano più indipendenti e responsabili nella gestione del diabete.10,11
Present disclosure: The presenter reported that he provides research support for Dexcom, Inc.
Written by: Debbie Anderson, PhD
Reviewed by: Marco Gallo, MD