REPORT

Studio VADT-F

Risultati del follow-up a 15 anni del Veterans Affairs Diabetes Trial (VADT)

Presentato da:
Wyndy L Wiitala, PhD
VA Center for Clinical Management Research, Ann Arbor, MI; USA
Peter D. Reaven, MD
Phoenix VA Health Care System, University of Arizona, AR; USA
Nicholas V Emanuele, MD
Hines VA Hospital, Loyola University of Chicago, IL; USA

Obiettivo primario del Veterans Affairs Diabetes Trial (VADT) era stabilire se fosse possibile osservare una riduzione degli eventi cardiovascolari (CV) maggiori in un gruppo di soggetti affetti da diabete tipo 2 in trattamento glicemico intensivo, rispetto a un gruppo trattato in maniera standard. Lo studio VADT Follow-up (VADT-F)era stato disegnato con lo scopo di continuare a seguire i pazienti arruolati nel trial dopo la sua conclusione. Obiettivi secondari del VADT erano le valutazioni delle differenze tra i gruppi di trattamento relativamente ad altri endpoint CV. I soggetti inclusi nel trial erano generalmente di età avanzata e con diabete scarsamente controllato (non responsivi a una dose massima di almeno un antidiabetico orale e/o un’iniezione quotidiana di insulina). Complessivamente, erano stati randomizzati nello studio 1655 soggetti (818 nel gruppo del trattamento standard e 837 in quello intensivo).

Il disegno dello studio VADT prevedeva che l’unica differenza pianificata tra i gruppi fosse il livello di compenso glicemico (separazione delle mediane dei valori di HbA1c alla conclusione dello studio: 1,5%). L’utilizzo di farmaci tra i gruppi di trattamento era simile, con differenze solamente nella dose e nell’intensità della terapia insulinica; tutti gli altri aspetti (vale a dire il compenso pressorio, quello lipidico, la terapia antiaggregante, l’educazione, l’alimentazione e il grado di attività fisica) erano pressoché identici tra i gruppi. Il tempo al primo evento CV era rappresentato da un endpoint composito di infarto del miocardio (IM), ictus, mortalità CV, scompenso cardiaco (cardiac heart failure, CHF) di nuova insorgenza/in peggioramento, amputazioni (gangrena ischemica), necessità d’intervento chirurgico (per patologia cardiaca, cerebrovascolare, vasculopatia periferica) e cardiopatia ischemica (coronary artery disease, CAD) non operabile. Gli outcome secondari comprendevano la mortalità CV, eventi diabetici maggiori, eventi microvascolari, qualità della vita e mortalità complessiva. I risultati dello studio d’intervento VADT erano stati pubblicati sul New England Journal of Medicine.1

Al termine dello studio VADT, tutti i pazienti erano ritornati all’assistenza abituale senza ulteriori interventi. Per lo studio di follow-up a 15 anni, un sottogruppo di soggetti (n=1391) è stato seguito attraverso i dati ricavati dal registro nazionale e da alcune indagini. La mediana del follow-up per la mortalità complessiva è stata di 15 anni, e quella per l’outcome primario di 13,6 anni. Mentre i livelli di partenza di HbA1c erano >9%, una separazione tra i valori di glicata pari a 1,5% è stata ottenuta precocemente e mantenuta durante l’intera fase di trattamento attivo. Le mediane dei valori di HbA1c sono state di 6,9% nel gruppo intensivo e di 8,4% in quello di controllo, mentre gli altri fattori di rischio di malattia CV erano uguali nei due bracci di trattamento, durante questo periodo. Il VADT e il VADT Follow-up rappresentano gli studi con il follow-up di durata maggiore in soggetti con diabete tipo 2 in stadio avanzato, ad alto rischio di malattia CV.

Al termine della fase attiva del VADT era stata osservata una differenza non statisticamente significativa del 12% negli outcome primari CV; non era emersa alcuna differenza statisticamente significativa tra i gruppi di trattamento per la mortalità da cause CV o per quella complessiva. Nello studio VADT-F l’obiettivo era valutare se emergesse un beneficio CV tardivo, dal momento che alla conclusione del trial sembrava stessero aumentando le differenze tra i gruppi, anche considerando che i benefici negli outcome CV richiedono tempi maggiori per diventare evidenti.

I livelli di pressione arteriosa sisto/diastolica, i trigliceridi e il rapporto tra colesterolo HDL (high density lipoprotein)/non HDL sono rimasti stabili nel tempo. I valori di BMI (body mass index) erano più elevati nel gruppo in trattamento intensivo e sono rimasti tali per tutta la durata del trial, a suggerire una possibile conseguenza sfavorevole legata alla terapia intensiva. Alla valutazione a interim di follow-up a 10 anni degli outcome primari di malattia CV, i soggetti che erano stati randomizzati al controllo glicemico intensivo avevano mostrato un numero inferiore di eventi CV maggiori rispetto a quelli assegnati alla terapia standard, senza un miglioramento della sopravvivenza complessiva.2 Non vi era evidenza di eterogeneità per le interazioni tra i trattamenti relativamente ai risultati al basale per gli outcome primari CV secondo la durata del diabete, precedenti eventi CV e punteggio di rischio UKPDS, così come per gli outcome secondari (qualsiasi outcome maggiore legato al diabete, mortalità per cause CV o per qualsiasi causa).

Confrontando gli eventi CV maggiori durante la fase di separazione dei livelli di HbA1c, tra gli anni 0-10 e 11-15, era osservabile una riduzione statisticamente significativa degli eventi maggiori CV durante il periodo dei primi 10 anni (HR 0,83; IC 95% 0,70-0,99); tale differenza rispetto al gruppo standard tendeva a scomparire nel periodo dei 5 anni successivi, perdendo la significatività statistica.

Nessun’altra differenza statisticamente significativa era osservabile tra i gruppi relativamente agli altri endpoint, come il tasso di ospedalizzazione, la mediana del numero di ricoveri e la qualità della vita correlata alla salute. Questi risultati sono sostanzialmente concordanti con quelli di altri recenti trial d’intervento per la riduzione della glicemia che avevano valutato anche il follow-up post-trial. Sia nello studio di follow-up dell’ACCORD sia in quello dell’ADVANCE non era emersa un’evidenza di riduzione della malattia o della mortalità per cause CV come conseguenza di un compenso glicemico iniziale più intensivo. Inoltre, in nessuno studio era stata evidenziata alcuna evidenza di un “effetto legacy” per tali vantaggi.3,4 Complessivamente, questi risultati suggeriscono la presenza di modesti benefici CV a lungo termine derivanti da trattamenti volti a riportare il compenso glicemico prossimo a valori del range di normalità, nei soggetti con diabete tipo 2 ad alto rischio, e la possibilità che occorrano separazioni sostanziali e stabili nel tempo di compenso glicemico per mantenere tali vantaggi. I dati sottolineano l’importanza di considerare gli approcci non rivolti alla glicemia per ridurre gli eventi e la mortalità per cause CV in questi soggetti.

Gli effetti di un controllo glicemico intensivo sugli outcome microvascolari di soggetti con diabete tipo 2 sono stati esplorati in una metanalisi degli studi VADT, UKPDS, ACCORD e ADVANCE.5 Obiettivo principale era la valutazione delle complicanze renali e di quelle oculari. L’endpoint composito renale comprendeva l’insufficienza renale terminale (end-stage renal disease, ESRD), la mortalità per cause renali, un tasso di filtrazione glomerulare stimato (estimated glomerular filtration rate, eGFR) <30 ml/min/1,73 m2 e la presenza confermata e duratura di macroalbuminuria. Sugli oltre 1600 eventi primari renali registrati nei 4 studi, è emersa una riduzione statisticamente significativa del 20% nell’endpoint renale composito a favore del gruppo del trattamento intensivo, rispetto a quello standard (HR 0,80; IC 95% 0,72-0,88; p <0,0001), durante la fase di separazione dei livelli di HbA1c tra i gruppi di trattamento.5

Una differenza statisticamente significativa era evidente alla valutazione a interim del VADT a 10 anni relativa all’eGFR <45 ml/min/1,73 m2 e alla presenza confermata e duratura di macroalbuminuria. Tuttavia, analizzando i dati di follow-up a 15 anni del VADT, alla scomparsa della separazione tra le due curve di HbA1c svaniva anche la significatività statistica nella differenza per qualsiasi outcome renale.

L’endpoint composito oculare comprendeva la necessità di fotocoagulazione, di vitrectomia, l’insorgenza di retinopatia proliferante o la progressione di una retinopatia diabetica ≥3 gradini sulla scala di gravità ETDRS (Early Treatment Diabetic Retinopathy Study).5 Tra i quasi 800 eventi oculari primari dei 4 studi, era osservabile una riduzione statisticamente significativa del 13% nell’endpoint composito oculare a favore del gruppo di trattamento intensivo, rispetto a quello standard, nella fase di separazione tra le curve di HbA1c tra i due gruppi.5

Alla valutazione a 10 anni e a quella a 15 anni del VADT-F, non era presente una differenza statisticamente significativa per gli outcome relativi alla cataratta, mentre la significatività era borderline per l’endpoint composito sugli eventi oculari.

Messaggi chiave

  • Un miglior compenso glicemico si è tradotto in un vantaggio tardivo dopo quasi 10 anni.
  • Dopo 15 anni da un trattamento intensivo sul compenso glicemico non erano più dimostrabili benefici in termini di eventi CV.
  • Un compenso glicemico intensivo si è tradotto in un vantaggio tardivo per l’endpoint composito renale, che è svanito alla riduzione delle differenze di compenso glicemico tra i due gruppi.
  • Un compenso glicemico intensivo si è tradotto in un vantaggio tardivo per l’endpoint composito degli eventi avversi oculari, senza differenze in termini di interventi per cataratta o sulla visione autoriferita dai partecipanti dei due gruppi.


REFERENZE

Present disclosure: All of the presenters, with the exclusion of those listed below, have reported no disclosures related to the VADT study. Peter D. Reaven, PhD: the presenter reported that he participated in an advisory panel for Sanofi and that he provided research support for Astra Zeneca and Novo Nordisk.

Written by: Debbie Anderson, PhD

Reviewed by: Marco Gallo, MD


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